Presidenza del Consiglio dei Ministri
DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
UFFICIO PERSONALE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
SERVIZIO TRATTAMENTO PERSONALE
Alle Amministrazioni
pubbliche di cui
all’art. 1, comma 2,
del d.lgs. n. 165 del 2001
CIRCOLARE N. 7/2008
Decreto legge
n. 112 del 2008 – “Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” – art. 71 – assenze dal servizio dei pubblici dipendenti.
Come noto, con il decreto legge
n. 112 del 2008 sono state adottate delle misure
normative finalizzate ad incrementare l’efficienza delle pubbliche
amministrazioni anche mediante interventi in materia di trattamento del
personale.
Considerato che sono pervenuti numerosi
quesiti dalle amministrazioni per conoscere l’interpretazione delle norme
soprattutto in relazione alle disposizioni di cui all’art. 71 del decreto (Assenze per malattia e per permesso retribuito
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), si ritiene opportuno
fornire delle indicazioni anche nelle more della conversione in legge del
provvedimento.
Il decreto legge, pubblicato sul Supplemento
ordinario della Gazzetta ufficiale del 25 giugno 2008, n. 147, è entrato in
vigore il 26 giugno scorso. Quindi, l’applicazione del regime legale si
riferisce alle assenze che si verificano a decorrere da tale data.
In linea generale, la nuova disciplina trova
applicazione nei confronti dei dipendenti a tempo indeterminato
contrattualizzati e non contrattualizzati nonché, in quanto compatibile,
anche ai dipendenti assunti con forme di impiego flessibile del personale.
1. Le assenze per malattia.
Il provvedimento legislativo innanzi tutto
contiene una nuova disciplina in materia di assenze per malattia.
La normativa stabilisce il trattamento
economico spettante al dipendente in caso di assenza per malattia (comma 1),
definisce le modalità per la presentazione della certificazione medica a
giustificazione dell’assenza (comma 2) e per i controlli che le
amministrazioni debbono disporre (comma 3).
Quanto al trattamento economico, la
disposizione stabilisce che “nei primi dieci giorni di assenza è
corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni
indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e
continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio”, con
le eccezioni previste nello stesso comma (trattamenti più favorevoli
eventualmente previsti per le assenze dovute ad infortuni sul lavoro o a
causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital o a
terapie salvavita).
In proposito, si considerano rientranti nel
trattamento fondamentale le voci del trattamento economico tabellare iniziale
e di sviluppo economico, della tredicesima mensilità, della retribuzione
individuale di anzianità, ove acquisita, degli eventuali assegni ad
personam per il personale del comparto ministeri e analoghe voci per il
personale dipendente da altri comparti; inoltre, per il personale dell’area I
si considerano lo stipendio tabellare, la retribuzione di posizione di parte
fissa, la tredicesima mensilità, la retribuzione individuale di anzianità ove
acquisita, eventuali assegni ad personam e analoghe voci per il
personale dirigenziale appartenente ad altre aree.
Per la qualificazione delle voci retributive,
le amministrazioni dovranno comunque far riferimento alle eventuali
definizioni fornite dai contratti collettivi per ciascun comparto o area di
riferimento (art. 45 del
d.lgs. n. 165 del 2001: “Il trattamento
economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi”).
La disciplina in esame, a mente dell’ultimo
comma dell’art. 71, non può essere derogata dai contratti collettivi.
Naturalmente, per le parti non incompatibili con il nuovo regime legale,
continueranno ad applicarsi le clausole dei contratti collettivi e degli
accordi negoziali di riferimento.
Si segnala che i risparmi conseguenti
all’attuazione della norma costituiscono economie di bilancio per le
amministrazioni dello Stato e per gli enti diversi dalle amministrazioni
statali concorrono al miglioramento dei saldi di bilancio. Secondo la norma
tali risparmi “non possono essere utilizzati per incrementare i fondi
destinati alla contrattazione collettiva”.
Particolari problemi interpretativi si sono
posti in riferimento al comma 2 dell’articolo in questione il quale
stabilisce: “2. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un
periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di
malattia nell'anno solare, l'assenza viene giustificata esclusivamente
mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura
sanitaria pubblica.”.
La norma individua le modalità con cui i
pubblici dipendenti debbono giustificare le assenze per malattia. Essa fa
riferimento alternativamente alla giustificazione delle assenze che in
generale si protraggono per un periodo superiore a dieci giorni e - a
prescindere dalla durata - alla giustificazione delle assenze che riguardano
il terzo episodio di assenza in ciascun anno solare.
Quanto all’individuazione del “periodo
superiore a dieci giorni”, la fattispecie si realizza sia nel caso di
attestazione mediante un unico certificato dell’intera assenza sia
nell’ipotesi in cui in occasione dell’evento originario sia stata indicata
una prognosi successivamente protratta mediante altro/i certificato/i, sempre
che l’assenza sia continuativa (“malattia protratta”).
Si chiarisce che, in base alla norma, nella
nozione di “secondo evento” rientra anche l’ipotesi di un solo giorno
di malattia successivo ad un precedente e distinto “evento” di un solo
giorno.
Nei casi sopra visti “l’assenza viene
giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica
rilasciata da struttura sanitaria pubblica.”.
La norma sicuramente esclude che nelle ipotesi
descritte la certificazione a giustificazione dell’assenza possa esse rilasciata
da un medico libero professionista non convenzionato con il Servizio
sanitario nazionale. Le amministrazioni pertanto non potranno considerare
come assenze giustificate quelle avvenute per malattia per le quali il
dipendente produca un certificato di un medico libero professionista non
convenzionato.
Ciò detto, la lettura della disposizione va
operata nel più ampio quadro delle norme costituzionali e dell’organizzazione
dell’assistenza sanitaria delineata dal d.lgs. n. 502
del 1992.
Tale ottica conduce ad un’interpretazione che
supera il dato meramente testuale della disposizione, per cui deve ritenersi
ugualmente ammissibile la certificazione rilasciata dalle persone fisiche che
comunque fanno parte del Servizio in questione e, cioè, dai medici
convenzionati con il Servizio sanitario nazionale (art. 8 d.lgs.
n. 502 del 1992), i quali in base alla convenzione
stipulata con le A.S.L. e all’Accordo collettivo nazionale vigente sono
tenuti al rilascio della certificazione (Accordo del 23 marzo 2005, art. 45).
Anche in questo caso la qualità del medico - ossia l’evidenza del rapporto
con il Servizio sanitario nazionale - dovrà risultare dalla certificazione.
Si coglie l’occasione per ricordare in questa
sede che, in osservanza dei principi della necessità e dell’indispensabilità
che improntano la disciplina in materia di trattamento dei dati personali, in
linea generale (salvo specifiche previsioni) le pubbliche amministrazioni non
possono chiedere che sui certificati prodotti a giustificazione dell’assenza
per malattia sia indicata la diagnosi, essendo sufficiente l’enunciazione
della prognosi (si veda in proposito anche la Delibera del Garante per la
protezione dei dati personali del 14 giugno 2007, relativa a “Linee guida
in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di
gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico.”, pubblicata nel
Supplemento ordinario della G.U. del 13 luglio 2007, n. 161.).
Si segnala all’attenzione la previsione del
comma 3 dell’art. 71. La norma impone la richiesta della visita fiscale da
parte delle amministrazioni anche nel caso in cui l’assenza sia limitata ad
un solo giorno e, innovando rispetto alle attuali previsioni negoziali,
stabilisce un regime orario più ampio per la reperibilità al fine di
agevolare i controlli. La norma specifica che la richiesta per l’attivazione
della visita fiscale dovrà essere presentata “tenuto conto delle esigenze
funzionali ed organizzative”. Ciò significa che la richiesta di visita
fiscale è sempre obbligatoria, anche nelle ipotesi di prognosi di un solo
giorno, salvo particolari impedimenti del servizio del personale derivanti da
un eccezionale carico di lavoro o urgenze della giornata.
2. L’incidenza delle assenze dal servizio ai
fini della distribuzione dei fondi per la contrattazione collettiva.
Il comma 5 dell’art. 71 in esame stabilisce
che “5. Le assenze dal servizio dei dipendenti di cui al comma 1 non sono
equiparate alla presenza in servizio ai fini della distribuzione delle somme
dei fondi per la contrattazione integrativa. Fanno eccezione le assenze per
congedo di maternità, compresa l'interdizione anticipata dal lavoro, e per
congedo di paternità, le assenze dovute alla fruizione di permessi per lutto,
per citazione a testimoniare e per l'espletamento delle funzioni di giudice
popolare, nonché le assenze previste dall'articolo 4, comma 1, della legge 8
marzo 2000, n. 53, e per i soli dipendenti portatori di handicap grave, i
permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.”.
La norma vuole rispondere ad un criterio di
efficienza ed economicità poiché impedisce che le amministrazioni possano
considerare l’assenza dal servizio come presenza ai fini della distribuzione
delle somme dei fondi per la contrattazione integrativa.
Essa riguarda in generale tutte le assenze,
con esclusione delle assenze individuate nel medesimo comma 5, le quali - in
ragione della causale - non possono tradursi in una penalizzazione per il
dipendente (maternità, compresa l'interdizione anticipata dal lavoro, e
paternità, permessi per lutto, per citazione a testimoniare e per
l'espletamento delle funzioni di giudice popolare, assenze previste dall'articolo 4,
comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, e per i dipendenti portatori di
handicap grave i permessi di cui all'articolo 33,
commi 6 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104).
Nell’interpretazione della disposizione
acquista un particolare significato la parola “distribuzione”,
dovendosi quindi far riferimento a quelle somme (il cui finanziamento avviene
mediante i fondi per la contrattazione collettiva) che sono destinate ad
essere distribuite mediante contrattazione integrativa, vale a dire
alle somme destinate a remunerare la produttività, l’incentivazione ed i
risultati. In buona sostanza, la norma - che ha una forte valenza di
principio - vincola le amministrazioni in sede negoziale e, in particolare,
in sede di contrattazione integrativa impedendo di considerare allo stesso
modo la presenza e l’assenza dal servizio ai fini dell’assegnazione di premi
di produttività o altri incentivi comunque denominati, delle progressioni
professionali ed economiche, dell’attribuzione della retribuzione di
risultato per i dirigenti (la norma non riguarda invece la retribuzione di
posizione, che non ha carattere di incentivo ma di corrispettivo connesso
alle responsabilità derivanti dalla titolarità dell’incarico).
Quanto ai permessi “per citazione a
testimoniare” si chiarisce che la disposizione non ha inteso disciplinare
una nuova tipologia di permesso, ma solo attribuire rilievo alla particolare
causale considerata, nell’ambito dell’utilizzo delle ordinarie forme di
assenza giustificata dal lavoro già esistenti (permessi retribuiti per documentati
motivi personali, ferie o permessi da recuperare o, se la testimonianza è
resa a favore dell’amministrazione, permessi per motivi di servizio).
Restano comunque fermi gli ordinari principi
in materia di premialità, cosicché è chiaro che la norma non intende in
alcun modo introdurre degli automatismi legati alla presenza in
servizio. La nuova previsione legislativa, infatti, non vuole derogare alla
natura e ai contenuti dei progetti e dei programmi di produttività e alla
conseguente necessità di valutare comunque l’effettivo apporto
partecipativo dei lavoratori coinvolti negli stessi, attraverso
l’introduzione di un nuovo criterio, automatico e generalizzato, di
erogazione dei relativi compensi incentivanti, incentrato sulla sola presenza
in servizio. Neppure tale criterio può ritenersi valido ed efficace per le
sole tipologie di assenza considerate dal legislatore come assimilate alla
presenza in servizio. Infatti, nelle suddette ipotesi di assenza, i
lavoratori e le lavoratrici hanno titolo ad essere valutati per l'attività di
servizio svolta e per i risultati effettivamente conseguiti ed hanno titolo a
percepire i compensi di produttività, secondo le previsioni dei contratti
integrativi vigenti presso le amministrazioni, solo in misura corrispondente
alle attività effettivamente svolte ed ai risultati concretamente conseguiti
dagli stessi, mentre l’assenza dal servizio non può riverberarsi in una
penalizzazione rispetto agli altri dipendenti. In altri termini, e secondo i
consolidati orientamenti della magistratura contabile (es.: Corte dei conti,
Sez II centrale, sent. n. 44 del 2003), nell’erogazione dei compensi
incentivanti deve essere esclusa ogni forma di automatica determinazione del
compenso o di “erogazione a pioggia”.
Resta inoltre fermo che le indennità o le
retribuzioni connesse a determinate modalità della prestazione lavorativa (ad
es. turno, reperibilità, rischio, disagio, trattamento per lavoro
straordinario ecc.) possono essere erogate soltanto in quanto la prestazione
sia stata effettivamente svolta.
3. Il calcolo ad ore dei permessi retribuiti.
Il comma 4 dell’art. 71 contiene dei criteri
per la contrattazione collettiva. In particolare, si esprime la direttiva che
i permessi retribuiti che possono essere fruiti a giorni o alternativamente
ad ore debbano essere quantificati comunque ad ore. Inoltre, si stabilisce
che “Nel caso di fruizione dell'intera giornata lavorativa, l'incidenza
dell'assenza sul monte ore a disposizione del dipendente, per ciascuna
tipologia, viene computata con riferimento all'orario di lavoro che il
medesimo avrebbe dovuto osservare nella giornata di assenza.”.
La norma risponde all’evidente esigenza di
impedire distorsioni nell’applicazione delle clausole e delle disposizioni
che prevedono permessi retribuiti, evitando che i permessi siano chiesti e
fruiti sempre nelle giornate in cui il dipendente dovrebbe recuperare
l’orario. La norma è rivolta alle parti negoziali e sarà applicata in sede di
contrattazione integrativa; tuttavia, lì dove i contratti collettivi vigenti
prevedono l’alternatività tra la fruizione a giornate e quella ad ore dei
permessi, fissando già il monte ore, le amministrazioni sono tenute ad
applicare direttamente il secondo periodo del comma 4 in esame a partire
dall’entrata in vigore del decreto legge.
Si segnala infine che, come previsto dal comma
6 dell’art. 71 in esame, le nuove norme assumono carattere imperativo non
potendo essere derogate dai contratti o dagli accordi collettivi.
IL MINISTRO PER LA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
E L’INNOVAZIONE
Renato Brunetta
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