Essa implica una serie di problemi di natura politica, economica e fiscale di cui è difficile prevedere la portata e le conseguenze sul Paese.
Già nel 2018 il governo Gentiloni aveva firmato, con le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna dellepre-Intese su un’autonomia differenziata. Lo Snals-Confsal ne aveva per primo denunciato i rischi per il sistema di istruzione e si era fatto promotore di una petizione indirizzata alle forze politiche, e firmata dal personale del comparto, nella quale erano stati individuati i punti chiave da sottoporre anche all’opinione pubblica e con la quale si chiedeva di estrapolare dalle suddette Intese la materia dell’istruzione.
Per quanto riguarda l’impatto dell’autonomia differenziata sulla scuola e sul personale, lo Snals-Confsal ha rilevato alcune forti criticità. Le Regioni, infatti, potrebbero modificare l’offerta formativa e indirizzare risorse e programmi con una forte caratterizzazione dell’offerta formativa e con il rischio di un aumento ulteriore dei divari territoriali tra Nord e Sud. Si tratta, quindi, di una prospettiva che rischia di creare un sistema di istruzione a più velocità, minando l’unitarietà del sistema scolastico italiano e la coesione sociale del Paese.
Secondo l’ultimo rapporto di Save the children, a fronte di una dispersione scolastica nazionale media del 12,7%, la Sicilia raggiunge il 21,1% e la Puglia il 17,6%, mentre in Lombardia è all’11,3%, vicino all’obiettivo europeo del 9% entro il 2030.
Rispetto a tale realtà, in una fase di recessione economica come quella che stiamo attraversando, dopo aver affrontato con grandi difficoltà gli effetti di una pandemia che ha stremato il Paese e di cui si subiscono ancora oggi le conseguenze, non possono essere assunti provvedimenti di così grande rilevanza costituzionale e istituzionale senza un’adeguata ponderazione degli impatti sull’intera comunità nazionale e sul diritto all’istruzione che interessa le giovani generazioni di oggi e di domani.
Al di là di comprendere come sarà definito l’intero iterper giungere alla legge quadro e ai criteri di attuazione che implicano complesse procedure tra Parlamento, Governo e Regioni, per l’istruzione rimane comunque fondamentale la permanenza allo Stato del personale e al livello nazionale la definizione del sistema di formazione e di reclutamento.
Il Governo ha un anno di tempo per definire i livelli essenziali di prestazione (Lep), cioè l’individuazione della quantità e qualità dei servizi che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale a tuteladei “diritti civili e sociali” dei cittadini, che necessitano anche dell’individuazione dei fabbisogni standarde dei meccanismi perequativi. Un’impresa tutt’altro che semplice in materia di istruzione e diritto allo studio a fronte di dati eloquenti che attestano il perdurare di divari, non solo sulla dispersione scolastica e sulla povertà educativa, ma anche sulla quantità di tempo-scuola, sugli esiti formativi, sull’integrazione, sul numero di docenti precari che non sono messi nelle condizioni di dare continuità nella didattica e nei progetti proprio in quei contesti dove sarebbe indispensabile.
Per questi motivi, Lo Snals-Confsal vigilerà sull’iter del ddl e si batterà per preservare l’unitarietà del sistema di istruzione, tutelandone la dimensione statale e per difendere la contrattazione nazionale nei rapporti di lavoro, affinché vengano assicurate le pari opportunità formative sull’intero territorio nazionale, a cominciare da quelle misure di sistema su cui costantemente il nostro sindacato richiama l’attenzione e l’impegno della classe politica del nostro Paese.
Elvira Serafini
Segretario generale dello Snals-Confsal