Roma, 13 maggio 2022
Apertura delle trattative per il rinnovo contrattuale:
l’Atto d’indirizzo è cieco e molto penalizzante per gli Enti di ricerca
Con la firma dell’Atto d’indirizzo da parte del ministro Brunetta il 10 maggio scorso e la convocazione delle OO.SS. all’Aran il prossimo 17 maggio prende avvio la tanto attesa stagione del rinnovo contrattuale relativo al triennio 2019-2021.
Lo scenario che si apre per gli enti pubblici di ricerca, tuttavia, non è dei migliori. L’indirizzo delineato nell’apposito Atto stravolge quello presentato nel maggio scorso, un anno fa, dalla ministra Messa ai sindacati, che manifestava una chiara volontà di salvaguardare la specificità del sistema degli enti nel quadro della Pubblica Amministrazione e di utilizzare lo strumento contrattuale per risolvere criticità legate all’effettiva esigibilità di vari istituti contrattuali.
Al contrario, l’impianto dell’Atto d’indirizzo definitivo tende ad appiattire il sistema degli enti nell’alveo della Pubblica Amministrazione in modo inaccettabile. In questa direzione va sicuramente la previsione di estendere la performance individuale a ricercatori e tecnologi, un’indicazione che mina i principi di autonomia e libertà di ricerca sanciti dalla Carta europea dei ricercatori, pure citata come fonte ispiratrice dell’Atto stesso, né prevista dalla norma primaria. L’Atto non pone neanche le basi per sciogliere i nodi emersi in questi anni per attuare pienamente i vari istituti contrattuali legati alle progressioni economiche e di carriera, che invece vengono messi tutti in discussione.
Per queste ragioni, lo Snals-Confsal, insieme alle altre OO.SS. rappresentative, aveva chiesto tempestivamente nei giorni scorsi un incontro urgente alla ministra Messa, al fine di ottenere un sostanziale intervento correttivo a modifica del testo. Un vero e proprio blitz del ministro della Pubblica Amministrazione ha portato invece alla situazione odierna.
All’apertura delle trattative ci troveremo, pertanto, con un Atto d’indirizzo che indica per gli enti di ricerca di rivalutare tutte le indennità e tutti i meccanismi di progressione economica e di carriera (fasce stipendiali, anticipi di fascia, art. 15, art. 53, art. 54) e che impone di escludere la corresponsione delle indennità in modo generalizzato al personale, riferita a tutti i lavoratori del comparto (scuola, università, enti di ricerca, istituzioni Afam).
Un intervento di proporzioni enormi nel quale sono contenute le premesse per ingabbiare il sistema degli enti in una vera e propria camicia di forza, in grado di snaturarlo e di soffocarne la funzionalità!
A questo quadro si aggiungono difficoltà già note relative agli stanziamenti per il rinnovo contrattuale:
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scarsità di risorse per il triennio 2019-21, già erose dall’inflazione al 6%;
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scarsità di risorse aggiuntive per la riforma dell’ordinamento professionale già prevista dal CCNL 2016/2018.
Ad esse si aggiunge il “peccato originale” di un’assegnazione di risorse in legge di bilancio per lo sviluppo di carriera di ricercatori e tecnologi, attribuite ai soli enti vigilati dal Mur, e vincolata all’approvazione del DDL 2285 che riforma il reclutamento e il preruolo.
Una situazione che mette i sindacati nella condizione di negoziare norme contrattuali applicabili, di fatto, solo a una parte del personale, quello degli enti Mur, nonostante TUTTI gli EPR appartengano allo stesso comparto!
L’azione sindacale si articolerà pertanto su vari piani, su quello contrattuale come su quelli ministeriali, prevedendo anche azioni unitarie per contrastare questo disegno cieco e destabilizzante, ma occorre anche un’attenzione vigile e partecipata da parte del personale degli enti per sostenere un percorso che si preannuncia, mai come questa volta, aspro e tutto in salita.