dall'edizione 11/04/2018 di
Elezioni Rsu, le richieste del segretario dello Snals-Confsal, Elvira Serafini, al governo
NO ALLA SCUOLA DELLA MEDIOCRITÀ
L’istruzione è un investimento, non un costo da tagliare
Italia Oggi 11-04-2018 pag. 35
Domanda. Lo Snals-Confsal non ha firmato il contratto del Comparto Istruzione, Università, Ricerca e Afam; in sintesi, quali sono i motivi che hanno condotto a questa decisione?
Risposta.Il testo presentato per il rinnovo del contratto è stato scritto, e poi siglato, assecondando strategie e calcoli politici del tutto estranei agli interessi di chi lavora nella Scuola, nell’Università, nella Ricerca e nell’Afam. Che si dovesse chiudere prima delle elezioni era cosa arcinota. Il rinnovo era atteso da quasi dieci anni, ma si è voluto concludere tutto in una notte di convulse trattative, propinandoci anche, in momenti successivi, testi diversi rispetto a quelli su cui si era precedentemente lavorato e senza darci il tempo di fare proposte e di discuterle. Abbiamo preferito non firmare, dire no sia al metodo sia al merito.
D. Vediamo, dunque, le questioni di merito.
R.Dopo l’accordo di Palazzo Vidoni del novembre 2016, avevamo sperato che il governo desse un segnale di inversione di tendenza, fatto di rispetto, considerazione, investimenti. Così non è stato. Nell’atto di indirizzo per il Comparto non era presente la benché minima volontà di riequilibrare il rapporto tra le fonti che disciplinano il lavoro a favore della contrattazione. C’è stata, invece, la conferma di un pensiero politico verticistico - di fatto il testo del rinnovo rimanda a tutte quelle leggi e leggine che avevano stravolto il contratto precedente e che erano state oggetto di tante battaglie e tante azioni di protesta - tradottosi in una conduzione praticamente unilaterale della trattativa e, cosa ancora più grave, in una impostazione autoritaria e burocratica della vita del Comparto. Risultato: i diritti disattesi per il personale di tutti i settori, il regresso nel rapporto lavorativo, le criticità riguardanti le sanzioni disciplinari, la mobilità, l’assegnazione di sede, le premialità, le attività, il profilo professionale dei docenti e alcuni aspetti controversi per gli Ata. Per non parlare che il “confronto”, nelle relazioni sindacali, scade a semplice informativa.
D. E per la parte economica, cosa ci dice?
R.L’esiguità dei vantaggi è tale che si commenta da sola. Gli aumenti economici previsti dal contratto, poche decine di euro, sono al di sotto del tasso d’inflazione e di sicuro non recuperano il potere d’acquisto perso nei dieci anni di blocco contrattuale. Per non parlare del divario tra le retribuzioni del nostro settore e quelle nei paesi della zona euro, di cui nel testo del rinnovo non si parla proprio.
D. A breve, un altro appuntamento importante, le Rsu.
R.Come sindacato autonomo, libero da ogni ideologia, oggi puntiamo ancora di più sulla nostra credibilità e sulla nostra competenza. Noi abbiamo saputo cogliere il disagio della nostra categoria e non l’abbiamo tradita perché il nostro non è stato lo sguardo breve del presente. E’ uno sguardo lungo in cui le nostre proposte e le nostre battaglie per riqualificare la scuola, l’università, l’alta formazione artistico musicale e la ricerca italiane, e tutto il loro personale, emergeranno in tutta la loro forza.
D.Perché, a Suo parere, questa chiusura del governo alle richieste dei sindacati e dei lavoratori del comparto?
R.Questa chiusura è il risultato di un mix molto pericoloso: presunzione e indifferenza verso tutto ciò che riguarda il nostro comparto, la scuola in particolare.
Se si “presume” qualcosa che non si conosce bene e se non esiste vero interesse, alla fine si diventa anche indifferenti, perché non si comprende cosa vogliano i lavoratori che protestano e i sindacati che sostengono le loro giuste richieste. Ho visto in questi anni, da parte dei nostri politici, e non parlo solo dell’ultimo governo, una non comprensione della funzione istituzionale della scuola pubblica italiana, della sua valenza strategica per il nostro paese e il suo futuro, per la qualità della vita sociale, per lo sviluppo delle intelligenze e quindi per la capacità inventiva e lavorativa.
D. Quindi, lei dice che la crisi della scuola italiana è colpa del disinteresse dei politici.
R.Constato che un sostanziale disinteresse per la mission dell’educazione, dell’istruzione della ricerca e della formazione in genere. Ma c’è qualcosa che negli anni ha aggravato il quadro, un malinteso senso della modernità; e questo riguarda sia la destra sia la sinistra. Faccio un esempio. Si parla molto di merito, tra l’altro solo di quello dei docenti. E come si fa a misurare questo merito? Non può saperlo un politico o un burocrate, in quanto la scuola non è un qualsiasi ufficio pubblico. Però, ci hanno fatto credere che a giudicare il merito dei professori possano essere gli alunni e i loro genitori. Gli esiti sono evidenti: rottura intergenerazionale, diffamazioni, scherno e anche atti di violenza verso gli insegnanti, fine della collegialità, inutile antagonismo tra colleghi a favore di chi è più furbo o ammanicato e, ancora più grave, umiliazione strutturale del ruolo di docente.
In compenso, è stato tolto agli insegnanti il compito di valutare meriti e demeriti degli studenti: nessuno deve avere i voti, nessuno deve essere bocciato. Tutti uguali nella mediocrità. Tutto questo mi pare cascame ideologico novecentesco ammantato di superficiale cultura aziendalistica.
D. Un quadro sconfortante. Cosa propone lo Snals?
R.Serve una vera riforma del comparto, con dei principi e dei punti qualificanti. È necessario e fondamentale ridare centralità, credibilità e autorevolezza alla funzione docente per evitare l’attuale deriva educativa, determinare condizioni di servizio e di funzionamento delle istituzioni preposte, valorizzare tutto il personale e investire su di esso. Le risorse destinate a tutto questo non possono essere viste come “spesa pubblica” da tagliare ma tra gli investimenti prioritari per lo sviluppo e la competitività del nostro paese.
D. Cosa chiederete, dunque, al nuovo governo?
R.Le cose più importanti le ho appena elencate, ma di sicuro ai membri del governo, da quello dell’Istruzione a quello dell’Economia fino al presidente del consiglio, chiederei se abbiano un modello di sviluppo per la nazione e un progetto per le istituzioni educative, perché chi non ha un progetto Scuola non ha un progetto Paese.